Vario Madagascar - Igina ci racconta del suo ultimo viaggio2014/12/01 Domenica 10 novembre,
Antananarivo: Francesco ed io siamo nella capitale per prepararci alla partenza
del giorno 12. Abitiamo presso il convento delle Discepole
del Sacro Cuore a Ivato, vicino all’aeroporto. Decidiamo di andare alla
S. Messa nel villaggio di Père Pedro, ad Akamasoa. Partiamo alle 8 dal convento
con un taxi scassatissimo che fa fatica ad arrampicarsi sulle colline , ed
arriviamo in ritardo, sono quali le 9,30 dopo aver attraversato la grande città. Due giovani con camicia
bianca sono il comitato dli accoglienza per i vazha (bianchi) e ci accompagnano per un lungo
corridoio sulle tribune di un palazzetto dello sport. L’ingresso fa venire la
pelle d’oca, In questo palazzetto ci saranno forse seimila persone che stanno
cantando e ballando un inno sacro con tutto il fiato possibile. Davanti a noi
(ci girano le spalle) una cinquantina di ragazze vestite da chierichetto fanno
da contorno e ci nascondono i celebranti: Père Pedro ed il vescovo di Diego Suarez. Non
li vediamo, ma la voce di Père Pedro è stentorea, da uomo che sa quello che
dice e che non ha paura di dirlo.
Parzialmente parla in francese e si capisce benissimo il richiamo
imperioso ai governanti malgasci ed a quelli di tutto il mondo perché vengano
combattute la povertà, le discriminazioni, le ingiustizie e tutto quanto
impedisce una vita dignitosa ai poveri. La messa dura quasi tre
ore, ma non si sentono noia o stanchezza, non c’è un minuto in cui non ci si
giri per vedere lo sguardo di un bambino, il sorriso di una bimba con le
treccine ed il vestito a fiori, una mamma che allatta un “cicciobello” color
caffè. Alla fine dal pavimento
del palazzetto, dove sono state sedute tutto il tempo, si alzano moltissime
ragazze, maglietta bianca e gonna verde che ballando in mezzo ad un numero doppio di bambini ancora seduti
sulle stuoie ringraziano e salutano. Ultimo brivido quando Père Pedro,
ringraziando i partecipanti, ringrazia anche i due viaggiatori venuti dall’Italia. Suggerisco di vedere in internet
l’incredibile lavoro svolto da questo sacerdote. Antenaina: avrà forse 18,
20 anni, non parla, non mangia con te, lancia qualche urlo e scappa. E’ stata
trovata nuda, legata ed imbavagliata in una buca d’acqua vicina alla riva di un
fiume da un operaio, ha chiamato una vedova che abita lì vicino, madre di otto
figli che, con una carriola, l’ha
portata a casa sua lavata e nutrita. Dopo varie peripezie ora si trova nel
convento, dove è stata praticamente adottata, da Suor Giuseppina, che prima l’ha
curata, ha guadagnato la sua fiducia, ed ora cerca di farla parlare, di farle
raccontare qualcosa. Lei rifiuta, ma, da poco, ha cominciato a leggere qualche
pagina di libro. Suor Giuseppina pensa all’insano atto di qualche moglie gelosa. Nel convento studiano 750
tra bambini e ragazzi, dalla scuola materna al quarto anno della scuola media.
Tutte le mattine questi bambini mangiano a merenda un piccolo panino preparato,
come fanno i nostri bravi panettieri, nel forno a legna. Suor Florence: sulla Route National n. 4, verso nord, al 23° chilometro si gira a destra e dopo 5
km. si trova Tsimahandry Ambohidratrimo, un deserto circondato da una
lunghissima muraglia che delimita la proprietà di un ministro malgascio. Su di un lato è nato nel 2010 un piccolo
convento con una cappella ed alcune aule che ospitavano 6 alunni nel 2010, e
che ora ne ospitano 64. Alcune aule,
costruite senza fondamenta, sono già crollate e alcuni classi studiano nelle
celle delle suore, mentre loro dormono nella cappella. Sono aiutate da una
associazione che si chiama “Amici di Padre Pio”, ma hanno costruito avendo
pagato sono una piccola parte del terreno ed in maniera piuttosto fatiscente. Ciò che mi sento di
proporre dopo questo viaggio è, prima di tutto, di aiutare Don Abele a portare
a termine la costruzione della scuola. A
questo scopo, dopo di averlo consultato, ritengo opportuno inviargli al più
presto un nuovo container. Abbiamo già avuto in regalo un’ambulanza ed un’auto
che, una volta vendute, gli daranno un buon introito. Poi, naturalmente, ci
saranno vestiti, scarpe, borse, alimenti che lui donerà a chi ne ha bisogno, ma
se ci saranno dei materiali per l’edilizia, o cose che si potranno vendere, il
ricavato sarà destinato alla costruzione. Naturalmente, anche
qualche offerta è la benvenuta. Poi, come scritto nel
capitolo Anna e Maurizio, mi piacerebbe intervenire, sempre a Mahajanga e
sempre collaborando con Don Abele, aprire questo piccolo centro di
neuropsichiatria infantile. Se ci aiuterete, forse riusciremo anche in questo. Anche Suor Giuseppina e
Suor Florence mi hanno chiesto un aiuto, ho fatto loro una piccola offerta, ma
sono sicura che si aspettano dell’altro. Scusatemi se sono stata
prolissa, ma le cose non scritte sono ancora
molte. Igina |